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Augusta e suo marito eransi appartati in una città ove nessuno poteva sospettarne l’esistenza. Là, per lo meno, ella poteva sfuggire all’onta di far testimoni della loro caduta e della loro miseria, quelli che conosciuti li avevano in un tempo migliore.

La lotta lunga e terribile che aveva distrutte le speranze di sua vita, avea del pari innalzati i suoi sensi fino all’amore del prossimo: e le sue pene, senza una consolazione al mondo, ponendole, per così dire, in costante rapporto con Dio, avevan dato al suo carattere una dignità, che non avrebber potuto ricevere da nessuno avvenimento, o da causa veruna.

Egli è certo, ch’ella aveva pe’ suoi figli un’amore fuori dell’ordine comune, ma era quest’amor santo e puro quale ci può esser messo in cuore da Colui “che fe’ mostra d’ogni perfezione, in mezzo alle sue doglianze„ da Colui che disse: “Io mi santifico per loro, affinchè essi apprendano egualmente a santificare sè medesimi.„

La miseria, la più profonda miseria, aveva seguiti i loro passi, senza che fosse venuto meno il coraggio di Augusta. I talenti del lusso, che gli eran stati dati in epoca più fortunata, eranle allora la più utile risorsa per sovvenire ai bisogni della famiglia, mentre che, grazie alle letture, che aveva fatto, poteva gittare nello spirito de’ suoi figli le basi d’un’istruzione elementare.

Erano già scorse alcune settimane pria che l’unico fratello d’Augusta ne avesse scoperte le tracce. Non ebbe contezza della sua miseria che da poco tempo, e l’aveva sollecitata ad abbandonare il suo indegno sposo ed accettare un’asilo accanto a lui: