Pagina:Stowe - Il fiore di maggio, 1853.djvu/268

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Sarebbe inutile impresa il voler dare il ritratto di quest’uomo unico; ma qualche lieve tratto d’uno schizzo imperfetto potrà ajutare l’immaginazione a formare un’idea di ciò che nessuno può concepire tranne quelli che hanno veduto ed ascoltato il vecchio papà Morris.

Supponete di trovarvi in mezzo ad una dozzina di ragazzi e che li sentiate gridare: «Papà Morris viene! Correte alla finestra od alla porta e vedete un uomo grande e grosso con due coperte sul braccio, spronando il suo cavallo, dopo d’averlo accarezzato colla mano dirigersi risolutamente alla vostra casa dimenandosi in groppa al suo destriero.

Rimarcate la sua figura piana, fiorita, rischiarata da due grandi occhi cilestri rotondi, che s’aggirano su tutti gli oggetti noncurantemente, e al levarsi del cappello vi è dato scorgere la bianca parrucca inanellata con maestoso giro di ricci attorno alla rotonda testa.

Vi si avvicina e come state a guardarlo fisso coi ragazzi che vi fan cerchio, ei posando l’ampia mano sulla vostra testa, vi dice con voce cupa e cavernosa: “Come stato mio caro arciere? papà è in casa?„ Quel mio arciere non manca mai di provocare un riso omerico. Papà Morris entra nella casa e noi lo seguiamo in tutti i giri e rigiri. Nella sua liberale semplicità, si riguarda come in casa propria, leva la parrucca, pulisce i suoi abiti col fazzoletto, si serve di tutto ciò che gli occorre e chiede solo quanto non è alla portata della sua mano.

Io mi rammento ancora come ci davamo premura per guardare dalla fessura dell’uscio tutti i suoi movimenti, ed anco quando lo lasciavano semiaperto al medesimo