Pagina:Straparola, Giovanni Francesco – Le piacevoli notti, Vol. I, 1927 – BEIC 1930099.djvu/151

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favola quarta 145

del cavaliere troppo lunga non pur al popolo generava sospetto grandissimo, ma ancora alla donzella: quantunque della dimora ne fusse consapevole. E vinta da interno dolore, non se ne avedendo alcuno, quasi tramortita cadde. Ma poi ch’ella sentí Fortunio avicinarsi alla piazza, gli smarriti spiriti cominciorono a ritornare ai loro luochi. Era Fortunio d’un ricco e superbo drappo vestito, e la coperta del suo cavallo d’oro finissimo, tutta dipinta di lucenti rubini, di smeraldi, di zaffiri e di grossissime perle, le quali secondo il giudizio universale un stato valevano. Giunto in piazza il valoroso Fortunio, tutti ad alta voce gridavano: — Viva, viva il cavalier incognito: — e con un spesso e festoso batter de mani fischiavano. Ed entrato nella sbarra, sí coraggiosamente si portò, che mandati tutti sopra la nuda terra, della giostra ebbe il glorioso trionfo. E sceso giú dal potente cavallo, fu dai primi e dai maggiori della cittá sopra i loro omeri sollevato; e con sonore trombe ed altri musici stromenti, e con grandissimi gridi che givano in fino al cielo, alla presenza del re incontanente lo portorono. E trattogli l’elmo e le relucenti arme, il re vide un vago giovanetto; e chiamata la figliuola, in presenza di tutto il popolo con grandissima pompa la fece sposare, e per un mese continovo tenne corte bandita.

Essendo Fortunio con la diletta moglie un certo tempo dimorato, e parendogli sconvenevole e cosa vile il star ne l’ozio avolto raccontando l’ore sí come fanno quelli che sciocchi sono e di prudenza privi, determinò al tutto di partirsi, ed andarsene in luochi dove il suo gran valore fusse apertamente conosciuto. E presa una galea e molti tesori che ’l suocero gli aveva donati, e tolta da lui e dalla moglie buona licenza, sopra la galea salí. Navigando adunque Fortunio con prosperi e favorevoli venti, aggiunse nell’Atlantico mare; nè fu guari piú di dieci miglia entrato nel detto mare, che una Sirena, la maggiore che mai veduta fusse, alla galea si accostò, e dolcemente cominciò a cantare. Fortunio, che in un lato della galea col capo sopra l’acqua per ascoltare dimorava, si addormentò; e cosí dormendo fu dalla Sirena diglutito: la quale, attuffatasi nelle marine onde,