Pagina:Straparola, Giovanni Francesco – Le piacevoli notti, Vol. II, 1927 – BEIC 1930632.djvu/131

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FAVOLA I.

Finetta invola a madonna Veronica di messer Brocardo di Cavalli da Verona, una collana, perle e altre gioie; e per mezzo d’un suo amante, non avedendosi il marito, ricupera il tutto.

Molte volte pensando e ripensando alle travaglie e angustie che di giorno in giorno occorreno a’ miseri mortali, non trovo passione nè affanno maggiore, che una donna lealmente amare il marito e senza ragione esser vilipesa e sprezzata da lui. E però non si dee maravigliare alcuno, se alle volte le misere e infelici donne cercano con ogni loro possa rimediare a’ casi suoi. E se per aventura le meschinelle inavedutamente cadeno in qualche errore, non si dogliono i lor mariti di esse, ma di se stessi; per ciò che d’ogni loro avenuto e danno e scorno ne sono primiera cagione; il che agevolmente sarebbe avenuto ad una gentil donna, di cui parlar intendo. Ma ella, prudente e saggia, virtuosamente sprezzò le saette di amore; e l’onor suo e quello del marito illeso rimase.

In Verona, città nobile e antiqua, ne’ tempi passati abitava un messer Brocardo di Cavalli, uomo ricco e nella città riputato assai. Costui, non avendo moglie, prese per sua donna una figliuola di messer Can dalla Scala, Veronica per nome chiamata. Questa, ancor che fosse bella, graziosa e gentile, non però era dal marito amata; ma, sí come spesse volte aviene, egli teneva una femina, la qual era la radice del cuor suo, e della moglie nulla si curava. Di che la moglie dolendosi molto, non poteva sofferire che l’unica sua bellezza, estimata da tutti, fusse dal marito sí vilmente sprezzata. Ritrovandosi la bella donna di state in villa e sola soletta passiggiando dinanzi la porta della sua casa, tra se stessa minutamente considerava le maniere, i costumi, gli atti del marito e il poco amore ch’egli