Pagina:Straparola, Giovanni Francesco – Le piacevoli notti, Vol. II, 1927 – BEIC 1930632.djvu/137

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FAVOLA II.

Un asino fugge da un monaio, e capita sopra un monte; e trovato dal leone, gli addimanda chi egli è, e l’asino all’incontro addimanda al leone il nome suo. Il leone dice essere il leone, e l’asino li risponde esser brancaleone; e, sfidatisi a fare alcune prove, l’asino finalmente rimane vincitore.

La diversità dell’umane cose, la varietà di tempi, i costumi degli uomini maligni fanno spesse volte quello che è bello, parer brutto, e quello che è brutto, parer bello. Laonde, se in questa favola, che ora raccontar intendo, fosse cosa alcuna che offendesse l’orecchie vostre, mi perdonerete, riservandovi ad altro tempo il convenevole castigo.

In Arcadia, paese della Morea, detta d’Arcade figliuolo di Giove, ove primieramente fu trovata la rustica e boscareccia sampogna, abitava ne’ passati tempi un monaio, uomo bestiale e crudele; ed era per natura sí sdegnoso, che poche legna accendevano il suo fuoco. Ei aveva un asino orecchiuto, con le labra pendule, il quale, quando raggiava49 , faceva tutto il piano risonare. Questo asino per lo poco mangiare e poco bere che il monaio gli dava, non poteva sostenere le gran fatiche, nè tolerare le dure bastonate che ’l patrone continovamente gli dava. Onde il povero asino sí distrutto e consumato divenne, che sola la pelle sopra le macerate ossa rimase. Avenne che ’l povero asino, tutto adirato sí per le molte busse che ogni giorno riceveva, sí anco per lo poco cibo ch’aveva, dal monaio si partí e col basto sopra il dorso molto da lui s’allontanò. Caminato ch’ebbe assai, il misero asino già lasso e stanco giunse a’ piè d’un dilettevol monte, che vie piú del domestico che del salvatico teneva. E veggendolo sí verdeggiante