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174 notte undecima

ingannatore, il quale, visto il servo che aveva la carne di vitello, affrettatosi di andare a lui, gli addimandò chi mandava quella carne. Ed inteso chi fusse, disse che devesse aspettare fino che avisava il patrone. E ritornato in casa, sí come è costume di buffoni, cominciò a giocolare, dimorandosi alquanto per ingannare il servo e il patrone, e cosa alcuna non parlò del presente. Indi venne alla porta, rendendo grazie, per nome del patrone, a chi mandato l’aveva, con parole convenevoli a tal proposito; e comandolli che andasse con esso lui, perchè ’l signor Ettore mandava quel presente ad un gentil’uomo; e cosí bellamente condusse il servo in casa sua. E trovatovi il fratello, lo diede a lui, con animo di tòrre il vitello per sè e ingannare il suo signore. Il che fatto, l’uno e l’altro tornò a casa; e il servo rendè le dovute grazie al patron suo per nome del signor Ettore. Poi ritrovandosi un giorno per aventura il gentil’uomo, ch’aveva mandato il quarto di vitello, col detto signor Ettore, gli addimandò, sí come si suol fare, se ’l vitello era stato buono e grasso. Il signor Ettore, non sapendo di questa cosa, lo ricercò di che vitello parlasse, egli dicendo non aver avuto nè quarto nè terzo. Il donatore, che lo mandò, chiamato il servo, gli disse, a cui l’avesse consignato. Il servo diede i contrasegni dell’uomo, dicendo: — Colui che tolse la carne per nome del patrone, era un uomo grasso di persona, allegro, con la panza grande, e parlava un poco barbosso, e portolla a un altro gentil’uomo. — Subito il signor Ettore lo conobbe a’ contrasegni, perciò che era solito far simil berte; e chiamatolo a sè, trovò come era passata la cosa. E poi che molto l’ebbe ripreso, lo fece volar in prigione, e porli e ceppi a’ piedi, isdegnato tale obbrobrio esserli fatto per un giocolatore, il qual non temette di temerariamente ingannarlo.

Non però stette in prigione tutto il giorno, perchè nel palazzo giudiciario, dove era carcerato il parasito, vi era per sorte un sbirro nominato Vitello; qual chiamò il carcerato, o per aggiongere male a male, o per trovar rimedio alla sua malattia, e fece una pistola al signor Ettore, dicendo: — Signor mio, confidandomi della liberalità di vostra signoria,