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FAVOLA II.

Un pazzo, il quale aveva copia d’una leggiadra e bellissima donna, finalmente riportò premio dal marito di lei.

[Lodovica.]

Io aveva proposto nell’animo mio raccontarvi una favola d’altra materia, ma la novella recitata da questa mia sorella, mi ha fatto mutar pensiero, e voglio dimostrarvi che l’esser pazzo molte volte giova, e che niuno debbe con li pazzi comunicar i secreti.

In Pisa, famosissima città della Toscana, a’ tempi nostri abitava una bellissima donna, il cui nome per onestà passo con silenzio. Costei, che era congiunta in matrimonio con uno di molto nobil casa e molto ricco e potente, amava ardentissimamente un giovane non men bello, nè men piacevole di lei; e facevalo venire a se ogni dí cerca il mezzogiorno, e con gran riposo di animo spesso venivano alle armi di Cupidine. Di che ambiduo ne sentivano grandissima dilettazione e piacere. Avenne un giorno che un pazzo, gridando quanto piú poteva, seguitava un cane che fuggendo gli portava via la carne che rubbata gli aveva; e seguitavanlo molti, sgridandolo e dandogli il stridore. Il cane, ricordevole della non pensata sua salute, e sollicito della sua vita, trovando alquanto aperto l’uscio della casa di questa donna, entrato in casa di lei, si nascose. Il pazzo, che vidde entrare il cane nella porta della detta casa, cominciò ad alta voce gridare, picchiando alla porta, e dicendo: — Cacciate fuori il ladrone che quivi è nascosto, e non vogliate nascondere e’ ribaldi che son degni di morte. State fermi qui. — La donna, che aveva il drudo in casa, temendo che tanti uomini non fussero ragunati acciò che si dimostrasse il giovane e che fatto fusse palese il suo peccato, e dubitando di esser punita per l’adulterio secondo le leggi, chetamente