Pagina:Straparola, Giovanni Francesco – Le piacevoli notti, Vol. II, 1927 – BEIC 1930632.djvu/227

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favola decima 221

di vento ne andava alla scuola, turati gli orecchi e facendo castelli in aria; e perchè a tutti quelli che sono ignoranti, è in bocca quel detto che dice che gli è cosa disdicevole e brutta il studiare a quelli c’hanno molte ricchezze, cosí costui ch’era ricco, o poco niun profitto fece ne’ studii di ragion civile e canonica. Per il che volendo con la sua ignoranzia agguagliarsi a coloro ch’erano dottissimi, nè avevano perso l’oglio e il tempo ne’ continoi studij, tentò prosontuosamente d’ascendere al grado del dottorato. Propose adunque il fatto in senato, e accettati i punti della disputa in presenzia del popolo fece publicamente la sperienza, dimostrando il nero per il bianco e il verde per il nero, credendo esso cieco che parimenti gli altri fussero ciechi. Nondimeno per buona sorte, sí per danari, sí per gran favore e amicizia, fu approvato e fatto dottore. Per il che accompagnato da gran comitiva di onorate persone, andando per la città con suoni di trombe e piffari, venne a casa con veste di seta e di porpora, sí che parea piú presto uno ambasciatore, che un dottore.

Un giorno questo eccellente magnate, vestito di porpora con la stola di veluto, fece alcune cartelle, e legatele a guisa delle filze de’ notai, quelle riponeva in un certo vaso. E sopravenendogli per aventura il padre, gli adimandò quello che far volesse di quelle carte. A cui diede egli questa risposta: — Trovasi scritto, o padre, ne’ libri di ragion civile che le sentenzie si deono connumerare tra i casi fortuiti. Io che ho considerata la mente e non la corteccia della legge, ho fatto queste filze per sorte, nelle quali ho notate alcune sentenzie, le quali, a Dio piacendo, quando pel vostro aiuto sarò giudice della gran corte, pronunzierò senza fatica a’ litiganti. Non vi par egli, padre, ch’io abbia sottilmente investigato questa cosa? — Il padre, inteso questo, rimaso pel dolor mezzo morto, voltò le spalle, lasciando il disutel figliuolo nell’ignoranza sua. —