Pagina:Straparola, Giovanni Francesco – Le piacevoli notti, Vol. II, 1927 – BEIC 1930632.djvu/237

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favola decimaterza 231

trovato avesse li danari. Allora gli sopradetti compagni e amici, vedendo che non vi era allegrezza di cavar altro construtto da lui, si partirono. —

Perché la rosseggiante aurora incominciava apparere, e giá era terminato il carnessale, e sopragiunto il primo di di quadragesima, la signora, voltatasi all’onorevol compagnia, con piacevol viso cosí disse: — Sapiate, magnifici signori e amorevoli donne, che noi siamo al primo di di quaresima, ed oramai da per tutto si odeno le campane che n’invitano alle sante prediche e a fare la penitenza de’ nostri commessi errori. Laonde mi par cosa onesta e giusta che in questi santi giorni poniamo da canto i dilettevoli ragionamenti e gli amorosi balli e soavi suoni, gli angelici canti e le ridicolose favole, ed attendiamo alla salute delle anime nostre. — Gli uomini parimenti e le donne, ch’altro non desideravano, il voler della signora sommamente comendarono. E senza far accendere i torchi, perciò che ornai era il giorno chiaro, comandò la signora che ciascuno se n’andasse a riposare, né piú alcuno si riducesse per conto di compagnia all’usato concistoro, se prima non gli era imposto da lei. Gli uomini, tolta buona licenza dalla signora e dalle damigelle, e lasciatele in santa pace, ritornarono agli alloggiamenti loro.



il fine della decimaterza e ultima notte.