Pagina:Straparola - Le piacevoli notti I.djvu/114

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e non men ardita che bella, non lo rifiutò. Filenio adunque, con lento passo menando il ballo e alle volte stringendole la mano, con bassa voce così le disse: Valorosa donna, tanta è la bellezza vostra, che senza alcun fallo quella trapassa ogni altra che io vedessi giamai. E non vi è donna veruna a cui cotanto amore io porti, quanto alla vostra altezza; la quale se mi corrisponderà nell’amore, terrommi il più contento e il più felice uomo che si truovi al mondo; ma, altrimenti facendo, tosto vedrammi di vita privo, ed ella ne sarà stata della mia morte cagione. Amandovi adunque io, Signora mia, com’io fo ed è il debito mio, voi mi prenderete per vostro servo, disponendo e di me e delle cose mie, quantunque picciole siano, come delle vostre proprie. E grazia maggiore dal cielo ricevere non potrei, che di venire suggetto a tanta donna, la quale come uccello mi ha preso nell’amorosa pania. Emerenziana, che attentamente ascoltate aveva le dolci e graziose parole, come persona prudente, finse di non aver orecchie, e nulla rispose. Finito il ballo e andatasi Emerenziana a sedere, il giovane Filenio prese un’altra matrona per mano, e con esso lei cominciò ballare; nè appena egli aveva principiata la danza, che con lei si mise in tal maniera a parlare: Certo non fa mestieri, gentilissima madonna, che io con parole vi dimostri quanto e quale sia il fervido amore che io vi porto e porterò, fin che questo spirito vitale reggerà queste deboli membra e infelici ossa. E felice, anzi beato mi terrei, all’ora quando io vi avessi per mia patrona, anzi singolar signora. Amandovi adunque io sì come io vi amo, ed essendo io vostro, sì come voi agevolmente potete intendere, non arrete a sdegno di ricevermi per vostro umilissimo servitore, perciò che ogni mio