Pagina:Straparola - Le piacevoli notti I.djvu/206

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sarete cagione della mia e vostra morte. E perciò, signora del cuor mio, non vogliate ad un tempo macchiare l’onor vostro e mettere a pericolo di amenduo la vita. Doralice, mentre Fortunio diceva tai parole, piangeva e si ramaricava molto; nè poteva in maniera alcuna patire il paventoso assalto. Ma Fortunio, vedendo il perturbato animo della donna, con dolcissime parole, che arrebbeno spezzato un monte, tanto disse e tanto fece, che addolcì l’ostinata voglia della donna; la quale, vinta dalla leggiadria del giovane, con esso lui si pacificò. E vedendo il giovane di bellissimo aspetto, robusto e delle membra sue ben formato, e ripensando tra se stessa alla bruttura del Saracino, molto si doleva che egli dovesse della giostra esser vincitore e parimente della sua persona possessore. E mentre che ella seco ragionava, le disse il giovane: Damigella, s’io avesse il modo, volentieri giostrerei; e dammi il cuore che della giostra sarei vincitore. A cui rispose la donzella: Quando così fusse, niun altro che voi sarebbe della persona mia signore. E vedendolo tutto caldo e ben disposto a tal impresa, di danari e di gioie infinite l’accomodò. Il giovane, allegramente presi i danari e le gioie, addimandolla qual abito più le sarebbe a grado che egli si vestisse. A cui rispose: Di raso bianco. E sì come ella divisò, così egli fece. Fortunio adunque il giorno seguente, guarnito di rilucenti arme coperte di una sopraveste di raso bianco, di finissimo oro e sottilissimi intagli ricamata, montò sopra un possente ed animoso cavallo coperto di colore del cavaliere; e senza esser da alcun conosciuto, in piazza se ne gì. Il popolo, già raunato al famoso spettacolo, veduto il prode cavaliere isconosciuto con la lancia in mano per giostrare, non senza gran maraviglia e come smemorato incominciò fiso a riguar-