Pagina:Straparola - Le piacevoli notti I.djvu/283

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Notte quinta



Il sole, bellezza del ridente cielo, misura del volubil tempo e vero occhio del mondo, da cui la cornuta luna ed ogni stella riceve il suo splendore, oggimai aveva nascosi i rubicondi ed ardenti raggi nelle marine onde, e la fredda figliuola di Latona, da risplendenti e chiare stelle intorniata, già illuminava le folte tenebre della buia notte, ed i pastori, lasciate le spaziose ed ampie campagne e le brinose erbette e le fredde e limpid’acque, si erano con il lor gregge tornati agli suoi usati casamenti, e lassi e stanchi dalle fatiche del giorno, sopra i molli e teneri giunchi profondamente dormivano, quando la bella ed onorevole compagnia, posto giù ogni altro pensiero, con frezzoloso passo al concistorio si ridusse. E fatto motto alla Signora che tutti già erano raunati, e tempo era omai di ridursi a favoleggiare, la Signora, dalle altre donne onoratissimamente accompagnata, tutta festevole e ridente, con lento e tardo passo nella camera del ridotto si venne. E con lieto viso l’amichevole compagnia graziosamente salutata, si mise a sedere; indi comandò che l’aureo vaso le fusse recato: e postovi dentro di cinque damigelle il nome, il primo ad Eritrea toccò per sorte; l’altro ad Alteria fu deputato; il terzo a Lauretta; il quarto ad Arianna concesse il fato, ed a Cateruzza l’ultimo luoco diede il cielo per elezione. Dopo, al suono