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FAVOLA II.


Cassandrino, famosissimo ladro ed amico del pretore di Perugia, li fura il letto ed un suo cavallo leardo; indi, appresentatoli pre Severino in uno saccone legato, diventa uomo da bene e di gran maneggio.


Sì alta, valorose donne, e resvigliata è la virtù dello intelletto umano, che non è cosa in questo mondo sì grave e sì malagevole che, rappresentata dinanzi all’uomo, non li paia lieve e facile, e con spazio di tempo non la mandi a perfezione. Laonde tra la gente minuta comunemente dir si suole che l’uomo fa ciò che egli vuole. Il qual proverbio mi dà materia di raccontarvi una favola, la quale, avenga che ridiculosa non sia, sarà però piacevole e di diletto, ammaestrandovi ad agevolmente conoscere l’astuzia di coloro che continovo involano i beni e le facultà d’altrui.

In Perugia, antica e nobile città della Romagna, celeberrima de studi ed abondantissima del vivere, dimorava, non già gran tempo fa, un giovane giotto e della vita ben disposto quanto alcuno altro fusse giamai, e da tutti era Cassandrino chiamato. Costui, sì per la sua fama sì per li suoi ladronezzi, era quasi noto a ciascuno del popolo perugino. Molti cittadini e plebei eransi andati a richiamare al pretore, facendo contra lui gravi e lunghe querele per cagione de’ beni che egli involati gli aveva. Ma egli dal pretore non fu mai castigato, quantunque da lui con minaccie fusse agramente ripreso. Ed avenga che Cassandrino fusse