Pagina:Straparola - Le piacevoli notti II.djvu/147

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Non cesso mai, se ’l mio contrario tale
     Non resta, che ’l desir suo sia sicuro:
In me principio o fin pur non si vede,
     E cosa viva fui, nè alcun me ’l crede.

Dalla maggior parte degli auditori fu inteso l’enimma da Lionora recitato, che altro non significava eccetto la palla, che è assalita da’ giuocatori, i quali la mandano or qua or là, percuotendola con mani. Isabella, a cui il terzo luogo di favoleggiare toccava, levossi in piedi, e così a dire incominciò.


FAVOLA III.


Francesco Sforza, figliuolo di Lodovico Moro, duca di Milano, segue un cervo nella caccia, e da’ compagni si smarrisse; e giunto in casa di certi contadini, si consigliano di ucciderlo. Una fanciulla scopre il trattato; ed egli si salva, e i villani vivi sono squartati.


La favola raccontata da Lionora mi presta campo largo di recitarvi un compassionevole caso, il quale ritiene più presto della istoria che della favola; perchè così intervenne ad uno figliuolo d’un duca, il quale dopo molti affanni fece patire alli lor nemici l’aspra penitenza del suo commesso fallo.

Dicovi adunque che a’ tempi nostri si trovò in Melano il signor Francesco Sforza, figliuolo di Lodovico Moro, duca di Melano, il quale e in vita del padre e dopo la morte sua fu da invidiosa fortuna balestrato molto. Era il signor Francesco ne’ suoi prim’anni bello di forma, ornato di costumi: e il suo volto dimostrava segno di chiara indole; indi venuto alla età