Pagina:Straparola - Le piacevoli notti II.djvu/169

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anzi vi ringrazio di quanto per me operato avete; e lietamente così disse.

Non so qual mia disgrazia o ria sciagura
     Spesso m’induca a sì malvaggio porto,
Che di maschio ch’io son, cangio natura,
     E di vil feminella il nome porto.
Di punzoni, di busse fuormisura
     Ogni un mi carca sì, che al fin son scorto;
Ma peggio ancor m’avien, ch’a tempo e loco,
     Per la vita d’altrui patisco il foco.

Perchè l’ora era tarda, e omai li grilli cessavano di stridire, e il chiaro giorno s’approssimava, la Signora comandò che Fiordiana lo esplanasse, ed esplanato, ogn’uno andasse ai propri alloggiamenti, ritornando però nella sera seguente, secondo l’usato modo. Ed ella con leggiadra e lodevole maniera in tal guisa sciolse il dubbioso nodo: L’enimma da me raccontato altro non dinota che ’l formento, che ha nome di mamaschio: poi macinato muta il nome e diviene femina, che è la farina; e indi, battuta con punzoni, diventa pane e per nutrire l’uomo è cotto nel fuoco. La compagnia, poi che ebbe molto comendata la dechiarazione dell’enimma, si levò in piedi; e, tolta buona licenza dalla Signora, con gli occhi sonnacchiosi si partì.



Il fine della notte nona.