Pagina:Straparola - Le piacevoli notti II.djvu/194

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ginorono, così fecero. Ma al lupo non furono così ben impiombate l’orecchie; perciò che alquanto udiva da una orecchia. Essendo portato il corpo morto alla sepoltura, disse il lupo al leone e all’orso: Compagni parmi sentire una mala nuova: — ma elli che impiombate aveano le orecchie, nulla sentivano: e reiterate ancor le dette parole, meno udivano. Ma il lupo con cenni e motti tanto fece, che pur compresero non so che di morte. Laonde l’orso con le indurate unghie e curve, tanto penetrò nelle orecchie del leone, che gli estrasse il piombo; e parimenti fece il leone all’orso e al lupo. Essendo adunque a ciascun di loro tornato l’udito, disse il lupo alli compagni: Parmi aver sentito ragionamento della morte del signor nostro. E non venendo il signor, secondo il costume suo, a visitarli e dargli il cibo, tennerono per certo lui esser morto. E usciti di casa tutta tre, corsero là dove i becchini portavano il corpo morto. I chierici e l’altre persone che accompagnavano il corpo morto alla sepoltura, veduti gli animali, si misero a fuggire; e quelli che portavano la bara, la misero giù, e si dierono parimenti alla fuga; altri di più coraggio volsero vedere il fine. I tre animali con denti e con unghie tanto fecero, che spogliarono al suo signore le vestimenta, e volgendolo da ogni parte, trovarono la piaga. All’ora disse il leone all’orso: Fratel mio, or fa dibisogno d’un poco di grasso delle budella tue; perciò che, tantosto che unta sarà la piaga, il signor nostro risusciterà. Rispose l’orso: non fa mestiero dir altre parole; io aprirò la bocca a più mio potere, e tu porrai la zampa dentro, e trarrai del grasso a tuo piacere. Il leone pose la zampa dentro della gola dell’orso, che si ristringeva acciò che più in giù la potesse ficcare, e cavolli il grasso che facea bisogno, e con quello unse d’ogni