Pagina:Straparola - Le piacevoli notti II.djvu/241

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ivi dormì quella notte. Venuta la mattina, fece ancora apparecchiare altre dilicatezze pel desinare, oltre quelle che già portate vi aveva. Il che fatto, cominciò a passiggiare avanti la porta del monasterio; e non stette molto, che vidde la sua Dorotea, che veniva di fratesco abito coperta. A cui si fece incontro con viso giocondo e lieto, e quasi divenne meno da soverchia e inopinata allegrezza; e così diposto ogni timore, le disse: Quanto mi sia grata e gioconda la tua venuta, frate Felice amantissimo, lasciolo pensare a te, conciò sia che già gran tempo non si abbiamo veduti; e dicendo queste parole, si abbracciorono insieme, e d’imaginarie lagrimette il viso bagnandosi, si basciorono. E quelli accettando, feceli venir nella sua cella, e posegli a sedere a mensa: qual era divinamente apparecchiata, dove non mancava cosa alcuna che desiderar si potesse. Ed egli sedendo appresso alla donna, quasi ad ogni boccone dolcemente la basciava. Il geloso per la novità della cosa rimase tutto attonito e sbigottito: e da grandissimo dolor confuso, vedendo la moglie in sua presenza esser baciata dal monaco, non poteva inghiottire il boccone che tolse, quantunque picciolo, nè mandarlo fuori. In questa dilettazione e piacere consummarono tutto il giorno. Approssimandosi la sera, il geloso addimandò licenza, dicendo che molto erano stati fuori del monasterio, e che forza era ritornarci. Finalmente non senza difficultà ottenutala, doppo molti abbracciamenti e saporiti basci, con gran dolore si partirono. Poi che furono ritornati a casa, avedutosi il marito che egli era stato la cagione di tutto questo male, ed esser cosa superflua e frustratoria voler resistere a gli sottili inganni delle donne, già quasi vinto e superato da lei, aperse le finestre e gli serragli per lui fatti, di maniera che non era casa nella città più