Pagina:Straparola - Le piacevoli notti II.djvu/292

Da Wikisource.

— 280 —

alla messa, rispose di sì. Il prete, vedendo il fraticello aver il capo e la tonica tutta imbrattata di paglia, ed esser vestito di panni neri, s’imaginò ch’egli fusse la fantasma che veduta aveva; e disse: Fratel mio, dov’hai dormito la passata notte? A cui rispose il fraticello: Io ho dormito malamente sopra un pagliaio non molto discosto di qua, ed hommi quasi rotta una gamba. Questo udendo, il prete ebbe maggior credenza del fatto, nè il fraticello si partì, ch’egli scoperse pienamente la cosa come stava. E detta la messa, e desinato col prete, il fraticello si partì col suo schinco rotto. Ed avenga che il prete lo pregasse che di ritorno volesse andar ad alloggiare con esso lui, perciò che egli voleva che alla donna tutto il fatto raccontasse, non però vi venne: ma avuta la risposta in sonno, per altra via al suo monasterio fece ritorno.

Finita la favola dal Trivigiano recitata e non poco comendata, egli, senza interporgli tempo, al suo enimma diede principio così dicendo:

Un palmo e più lo toglio, e non in vano,
     Ed ei col cul nel grembo mio si sede;
Io l’accareccio, e lo meno per mano,
     E dò diletto a chi l’ascolta e vede.
Donne amorose, non vi paia strano,
     Perchè il mistier fo con misura a fede.
E molto mi contenta il dolce suono,
     Lo tengo duro fin che il mi sa buono.

Non vorrei, gentilissime madonne, esser ripreso da voi di disonestà, avendo io proposto davanti a tanto conspetto, cosa che paia offendere le caste orecchie vostre. Ma nel vero il mio enimma non porta seco cosa disonesta, anzi cosa che molto vi aggrada e di