bestiale; e, come voi vedete, egli ha gonfiata la guancia di maniera, ch’egli non parla, nè può aprir la bocca. Temo che non si soffichi. Il ciruico destramente toccò la guancia; e disse a Gordino: Che senti tu, fratello? Ed egli nulla rispondeva. — Apri la bocca! Ed egli punto non si moveva. Il ciruico, vedendo non poter operare cosa alcuna con parole, mise mano a certi suoi ferri, e cominciò tentare se poteva aprirgli la bocca; ma non vi fu mai modo nè via, che ’l poltronzone volesse aprirla. Parve al ciruico che fusse una postema a poco a poco crisciuta, e che ora fusse matura e a termine di scopiare; e degli un taglio, acciò che la postema meglio si purgasse. Il poltronzone di Gordino, che aveva inteso il tutto, mai non si mosse, nè disse pur un cito; anzi, come ben fondata torre, costante rimase. Il ciruico cominciò stroppicciare la guancia, acciò che veder potesse che materia era quella che usciva fuori; ma in vece di putrefazione e marcia, usciva sangue vivo, misto col fico che con la bocca ancor stretto tenea. Il patrone, veduto il fico e considerata la poltroneria di Gordino, il fece medicare; e, risanato, il mandò in mal’ora. Fentuzzo, che in poltroneria non era inferiore a Gordino, avendo già dissipati alcuni pochi quatrini che si trovava avere, nè trovando per la sua dapocaggine persona alcuna a cui appoggiar si potesse, andava mendicando all’uscio di questo e di quello: e dormiva or sotto un portico, or sotto un altro, e alle volte alla foresta. Avenne che ’l gaglioffo una tra l’altre notti capitò in un luogo tutto rovinato; ed entratovi dentro, trovò un letamaro con un poco di paglia: sopra del quale meglio che puote col corpo in su e con le gambe sbarrate si coricò, ed oppresso dal sonno si mise a dormire. Non stette molto che si levò un forcevole vento con tanta furia di pioggia e di tempe-