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a detta loro, i trattati del 15. Sarà forse sbaglio e confusione di data, e questi trattati e quello di cui parliamo non formano certo che una cosa sola, di cui non si vide mai la più informe vanagloriosa ed imbecille.
Con ciò non vengo a dire che a que’ tempi ed anche ne’ sinedri politici mancassero uomini d’ingegno e di cuore; ma non s’era ancora imparato a vivere intieri nell’anno che correva, e quella porcheria di voler dare una parte del retaggio del 1800 al 1700, al 1600 e più indietro ancora, confondeva le idee e guastava il buon volere dei migliori.
È buona cosa la memoria; ma il buon senso è di lunga mano migliore. Quella serve mirabilmente agli effetti poetici. Ma in punto a politica io confido che gli uomini non si dipartiranno più dal secondo. Basterebbe la gotica e infelice evocazione di quel malaugurato congresso per convincerli d’una tale necessità.
Il papa fu lasciato papa, re e sovrano non solo; ma parve poco il triregno e gli si affibbiò una quarta coroncina di non so qual protettorato mal definito sopra uomini capricciosi che da secoli gridavano di non voler essere nè dissanguati, nè protetti, nè catechizzati da lui. I Tedeschi tennero Venezia col patto di mostrarsi buoni e di poter far contento quel popolo che aveva giurato di non poter esser contento se prima non li vedeva in tanta malora. Si cambiò posto a qualche duca, e nome a qualche vecchia istituzione; si consigliò il re di Napoli, e si consigliarono sopratutto i popoli a mostrarsi felici, a gridar evviva, a tornar in teatro, ed a credere in santa pace alla liberazione d’Italia.
I popoli che s’erano adattati al congresso per la comoda voglia di trovar fatta la polenta senza menare la mestola, quando si videro imbandita quella broda di mille sapori tornarono alle vecchie abitudini, ai primi affetti, ai tumulti, a Garibaldi. I Tedeschi, figli dei padri loro, sempre per mostrarsi buoni, sbucarono da Verona e da Mantova: ma trovarono degli Italiani che potevano esser padri dei loro padri in punto a senno; e colla forza militare che in quel frattempo s’era accresciuta d’assai, colla concordia resa più facile dai caducissimi e rovesciati governini, coll’intrepidità, colla costanza opposero un argine al torrente. Napoli non fu più Borbone ma Napoli e mandò settantamila uomini sul Po; Piemonte e Lombardia ne avevano già al Mincio ottantamila; sessantamila ne mandarono Toscana e Romagna; e il papa e i cardinali rimasero soletti a Roma come in un per-