Pagina:Strocchi - Elogi e discorsi accademici.djvu/111

Da Wikisource.

111

il Bandello. Sono i colori, che stampano nella mente imagine degli obbietti, e fanno a scritture meglio, che la vernice della porpora a’ panni. Per lo che piaccia a chi piace la nebbia e la bufera de’ monti di Calidonia più che il sereno e la calma delle colline di Arcadia, e gli scherzi delle Fate e de’ Silfi più che il sorriso delle Muse e i vezzi delle Grazie, se dagli spiriti dell’une e delle altre non saranno accompagnati, quegli scherzi e quelle bufere condurranno i loro amatori incontro a naufragio, del quale non sono lungi dall’età e dalla memoria nostra famosi esempi; non perchè natura fosse ad essi stata scarsa madrigna, ma perchè l’arte seco non cospirò.

Ingegno veloce, larga erudizione, sottile giudizio possono scorgere a bene ordire macchina di epopeia, di tragedia, di poema, qualunque; ma lì non consistono le parti e l’opera di poeta. L’opera e le parti del poeta cominciano allora, che viene il tempo di stender la mano a colorire, ad animare, ad incarnare il disegno. Qui la fatica e qui il pericolo della impresa. Aristarchi antichi e moderni noti nel nome di Omero-mastighi trovarono ove emendare la macchina, ed altre parti della Iliade sino a mutarne il titolo in quello della morte di Ettore. La publica indignazione ab antico ebbe punita tanta tracotanza, allorchè nel tipo della apoteósi:

     Di quel signor dell’altissimo canto

effigiò i malaccorti censori in figura di topi appiè la cattedra rodenti le carte venerande. Crederò vero il giudizio di Orazio “alcuna volta si addorme il