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94 PARTE PRIMA

assai bene; giacchè al postutto, voleavi una vittima: bastò una sola, e l’elezione non fu cattiva”. Ma il piglio aggraziato del Pino mutossi bentosto quando il Lecchi ebbegli risposto che il conte Prina era un valent’uomo, onestissimo e ragguardevolissimo, e che non avea meritato per verun modo il funesto destino che lo aveva percosso. Le proposte dei generali di Mantova finirono d’indispettire il Pino. Non dava già egli più retta che con mente distratta alle loro istanze, quando gli venne in mente doversi antivenire l’effetto che siffatti ragionamenti potevano produrre sull’animo degli astanti. Perciò interruppe le parole de’ suoi colleghi, esclamando con isdegnosa impazienza: Non parliamo, non parliamo, cari amici, di queste cose; eseguite la convenzione; abbiate piena ed intiera fiducia nelle intenzioni degli Alleati, perocchè essi vogliono, siatene ben certi, l’independenza italiana quanto e più di quello che sia da noi medesimi desiderata. Furono queste le parole dette dal Pino. All’udirle, il generale Palombini s’istizzì; predisse al Pino il disprezzo che concepirebbero di lui gli Austriaci, l’abbandono in cui ognuno lo lascerebbe, lo scapito che ne soffrirebbe la sua riputazione: ma tutto fu indarno. Non se n’offese nemmeno, il Pino: strinsesi nelle spalle e continuò a replicare ch’era d’uopo scuotere il giogo de’ vecchi pregiudizi, porre dall’uno dei canti gl’ingiusti sospetti, riconoscere i buoni intendimenti delle PP. AA., ec. Andaronsene i generali di Mantova colla disperazione in cuore; ma, come dirò più sotto, non abbandonarono sì presto i loro divisi.

Il giorno 26 di aprile entrava in Milano, seguìto da