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132 PARTE SECONDA

Il menzionato bando è nei sensi che seguitano: “L’Europa cominciava appena a rammarginar le sue piaghe. Riuniti in congresso a Vienna, i potenti suoi padroni adoperavano con rara concordia a fermare le basi d’una lunga pace, quando un impreveduto avvenimento astrinse di nuovo tutte le nazioni (di già ammmaestrate dall’esperienza, degli effetti dell’ambizione d’un solo uomo) ad impugnare le armi. Potea tuttavia l’Italia lusingarsi colla speranza di rimanere tranquilla frammezzo a questi passeggeri sovvertimenti, e di già numerose truppe erano scese dall’Alemagna a sua difesa; ma ecco che il re di Napoli, gittando la maschera che dianzi l’avea sottratto al pericolo, senza premettere alla guerra dichiarazione veruna, di cui altronde non potrebbe allegare alcun motivo, contro la fede dei trattati coll’Austria, di quei trattati cioè, ai quali egli deve la sua esistenza politica; ecco che il re di Napoli minaccia col suo esercito di turbare la tranquillità della bella Italia, e non contento di addurre il flagello della guerra, tenta altresì di allumare dappertutto, mediante il vano simulacro dell’independenza italiana, l’incendio devastatore della rivoluzione che già gli spianava le vie della possanza per salire dalla condizione di privato a quella di sovrano.

Non meno straniero dell’Italia che nuovo nell’ordine dei sovrani, egli volge con ostentazione agl’Italiani parole che appena si addirebbero ad un Alessandro Farnese, ad un Andrea Doria, ad un Trivulzio il Magno; e si dà per capo della nazione italiana, la quale pure possiede proprie dinastie, regnanti da