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136 PARTE SECONDA

cedette era ben poco certamente; ma ciò non monta. In politica non vi è concessione facile quando è spontanea, ed il governo che ne fa una in grazia delle congiunture è meglio che accorto, perchè si può dir saggio.

Il giorno dopo l’incorporazione della Valtellina e delle contee di Bormio e di Chiavenna nella Lombardia austriaca, che fu il 16 d’agosto del 1815, un bando novello del maresciallo Bellegarde annunziava ai Lombardi che, mossa dal sentimento di predilezione sempre mai dimostrato a’ suoi Stati d’Italia, S. M. Imperiale e Reale erasi degnata di porre l’ultima mano all’adempimento delle benefiche sue intenzioni, formando coi detti suoi Stati un regno Lombardo-Veneto. L’atto della creazione di questo regno andava unito al bando. La nomina di un vicerè, che facesse dimora per sei mesi dell’anno in Milano e per altretanto tempo in Venezia, l’instituzione di una corte e dei grandi ufficiali di essa, la conservazione dell’ordine della Corona ferrea, l’obbligo imposto ad ogni re del regno Lombardo-Veneto di cignersi il capo con la famosa corona dei re longobardi, la divisione del reame in due governi, di cui Venezia e Milano dovevano essero i capiluoghi, la suddivisione dei governi in più province, delle province in distretti e di questi in comuni, e la promessa di un pronto ordinamento del novello reame; tali erano le disposizioni contenute nell’atto promulgato in Vienna il 7 agosto 1815 per la creazione del Regno Lombardo-Veneto.

Alcunchè era in fatti pei Lombardi, che avevano perduto tutto, il trovarsi di nuovo in possesso del loro nome e della loro qualità d’Italiani. Fin qui, dal 12