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PARTE SECONDA 171

simile a tutti quelli che erano egualmente appostati in ogni altra strada o davanti ad ogni casa sospetta. Non poteano due persone salutarsi cammin facendo per le vie della città, senza che il direttore della polizia ne fosse subito ragguagliato. Niuno si accostava ad un altr’uomo senza diffidenza; niuno si arrischiava di andare per due giorni di seguito nella istessa casa, per tema di destare sospetti.

Chiari vedeansi sopra tutte le lettere affidate alla posta i segni dell’infrazione del suggello. Quante persone furono chiamate dal direttore della polizia, o tratte a lui dinanzi in sembianza di malfattori, per essere da lui interrogate, per esempio, sur un discorso fatto in loro presenza in un dato giorno e in un dato luogo! Potevano ben esse negare il fatto, fosse o non fosse vero realmente; ma non poteano con ciò raddolcire l’umore aspro del direttore, il quale, contento di incutere loro un momentaneo terrore, le avvertiva con tuono d’oracolo, essergli noti i loro minimi pensieri, biasimarsi questi da lui fortemente, e poco voler tardare a dargliene pruova. Nella città non si parlava d’altro che dei tormenti inflitti ai prigionieri politici, e le segrete dell’Inquisizione pareano un nulla a udire quel che si diceva delle segrete della casa di correzione di Milano. Bucinavasi di cibi o bevande dati ai captivi per alterarne il senno e strappar loro il segreto: ma questa tortura non fu mai e poi mai posta in uso in Milano, nè dagli Austriaci; e si dee lasciarne l’ignominia al duca di Modena, che se ne valse. Se non che i mezzi posti in opera dalla giunta estraordinaria di Milano, dacchè in ispezieltà il Salvotti era stato chiamato da Venezia a Milano