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Parlare in modo adeguato di questa interessantissima leggenda, sarebbe per avventura cosa, per quanto attraente, non facile; e che ad ogni modo esorbita dai confini del mio lavoro. Mi limiterò a dirne quel tanto che credo indispensabile per una esatta intelligenza di essa e non ozioso all’illustrazione di Dante.
L’origine prima della leggenda si deve ripetere dalla mitologia germanica.
In origine la caccia fantastica non era altro che la legione delle anime, sopravvissute alla morte e trascorrenti in lunga schiera per l’aria. Poi queste bande ebbero un conduttore, il dio, o la dea dei morti o del vento; e fu Wodan, nelle sue varie forme, e fu Freia-Frigg.1.
Ma venne il cristianesimo: la schiera dei morti diventò schiera di dannati; gli dei diventarono demoni. La leggenda così ebbe a offrire un numero grande di svariate versioni, sbizzarrendosi la fantasia popolare in determinare il nome e la qualità dei personaggi che partecipavano alla caccia, la causa perchè eran condannati a quel tormento; versioni di cui sovente trassero partito i poeti e gli artisti tedeschi. Tutti ricordano, per non dir d’altri, la meravigliosa cavalcata descritta dal Heine nell’ Atta Troll.
Fuori di Germania, la caccia selvaggia corse molto paese ed ebbe vita non meno varia e ricca.
In Francia fu la maisnie Hellequin, la masnada di Alichino: di cui si trovano, fra il dugento e il quattrocento, frequentissimi i ricordi, che accennano però un modello piuttosto uniforme, e che più da vicino s’accosta ai sabbati e alla tregende di streghe2.
Anche in Brettagna passò la leggenda, sotto una forma che pur in Germania fu vivacissima. Mi piace qui di riferire un rac-
- ↑ Cfr. GRIMM, Deutsche Myth., 4° ed., pp. 766-793. Per lo stato attualle degli studî e la bibliografia, vedi lo studio di KNAPPERT, in Revue de l’hist, des religions, Vol. XXVIII, pp. 43, 165.
- ↑ G. RAYNAUD, in Romania, V: Luque la maudite; G. RAYNAUD, La mesnie Hellequin etc., in Études romanes dédiées à Gaston Paris, Paris, 1891, pp. 51 sgg.
all’infuori dello studio ormai classico del D'ANCONA e di un breve lavoro del PITRÈ, il campo è ancor quasi tutto vergine. Questo dico a scusare i difetti, che alcuno potrà agevolmente notare nel mio lavoro. Il quale poi non pretende a risultati definitivi; vuole esporre un’ipotesi e indicare una strada, che, forse, potrà esser battuta con profitto. Non altro.