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SULLA FORMAZIONE TERZIARIA NELLA ZONA SOLFIFERA DELLA SICILIA 55

può essere che questo dipenda da che la sorgente che lo alimenta, è meno ricca assai di acido solfidrico di quello che lo siano le acque Albule; può essere infine, ciò che è più importante, che questa piccola quantità di zolfo si ossidi completamente in presenza del calcare con formazione di solfato di calce, il quale sia successivamente esportato dalle acque del lago per meati sotterranei.

La rapidità colla quale il minerale minuto esposto all’atmosfera si trasforma in briscale od in solfato di calce, rende probabile questa congettura. Nei giacimenti solfiferi della Sicilia una parte notevole dei gessi, e specialmente quelli che sono sottostanti al minerale e che vi formano non di rado banchi considerevoli, proviene dall’ossidazione completa dello zolfo in presenza del calcare.

Le pareti dei laghi solfurei della Sicilia, tolti i tripoli ed il calcare siliceo, erano costituite da banchi potentissimi di marne dell’epoca miocenica, all’acqua impermeabili. Le marne dovevano occupare una posizione più elevata che i laghi, poichè le acque solfuree che alimentavano i laghi suddetti, provenivano appunto dal miocene inferiore. Il solfato di calce non poteva quindi essere esportato dai laghi, e doveva in essi precipitarsi interamente a misura che le acque divenivano sature e formare così banchi potenti di gesso. Nella Campagna romana invece i laghi sono racchiusi tra travertini, i quali sono permeabili alle acque e lasciano loro facilmente il campo ai meati sotterranei. Le sorgenti che alimentano questi laghi contengono infatti in soluzione cloruro di sodio, cloruro di magnesio in quantità abbondante, solfato di magnesia, solfato di calce, ed il difetto assoluto di un deposito di queste sostanze nel lago dei Tartari, il quale non ha scolo apparente, prova che esse sono per vie nascoste dalle acque esportate in soluzione.

2° La struttura resinosa semi-cristallina dello zolfo di Sicilia, diversa interamente da quella prodotta dalla scomposizione dell’acido solfidrico nei laghi di Tivoli, e specialmente nel canale delle acque Albule, come pure nei diversi canali in cui scorrono le acque delle numerose sorgenti solfuree che si incontrano nell’isola, è sicuramente una obbiezione seria all’origine dello zolfo dalla scomposizione dell’acido solfidrico.

In questi canali tuttavia se le molecole di zolfo non possono raggrupparsi in cristalli, ciò dipende specialmente da che le acque sono in continuo movimento. Se invece le acque fossero tranquille e lenta la chimica scomposizione dell’idrogeno solforato, lo zolfo si precipiterebbe lentissimamente e potrebbe raggrupparsi e costituire un deposito avente la struttura del minerale siciliano. Lo zolfo saponaceo o compatto o concrezionato, si incontra quasi sempre nelle marne o nei tufi sotto forma di lenti o di arnioni, ed il minerale contenente questa specie di zolfo è sempre povero rispetto a quello che è costituito da zolfo a struttura resinosa.

L’associazione della marna allo zolfo, ossia di una materia estranea al calcare che è la sua matrice legittima, nel mentre ci somministra la ragione della povertà del minerale, serve altresì a spiegare il perchè lo zolfo vi abbia assunto la struttura compatta. La marna infatti, essendo una materia di trasporto, indica che le acque che la depositarono erano in movimento e che lo zolfo in conseguenza, invece di aggrupparsi in una massa cristallina, doveva assumere lo stesso carattere di quello che si depone nei canali nei quali scorrono acque solfuree.