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SULLE FRONTIERE DEL FAR WEST 163

— Resisterà fino sulle rive del grande Lago Salato?

— Fulmini d’inferno!... Nemmeno quelli dei vermi rossi avranno delle gambe d’acciaio, suppongo. In qualche luogo rallenteranno o si fermeranno.

— Ah!... Ci siamo.

— Che cos’hai?

— Si cominciano a scorgere.

— Molti?

— Niente affatto, — rispose lo scorridore. — Sono appena una ventina.

— Troppi ancora per dare loro battaglia. Se avessero le sole lance o gli archi, la cosa sarebbe ben diversa, ma colle palle non vi è molto da scherzare. —

Si alzò sulle staffe e si volse, lanciando un rapido sguardo fra le ultime ondate di nebbia che la tramontana disperdeva rapidamente.

Un drappello di cavalieri, i quali avevano le teste adorne di piume variopinte ed intorno alla fronte dei cerchi di metallo, probabilmente di puro oro, si avanzava a gran galoppo attraverso l’ampio solco aperto fra le erbe dai cavalli dei fuggiaschi.

Non erano più d’una ventina, però erano tutti formidabilmente armati, possedendo carabine, pistole e coltelli da scotennare e perfino dei tomahawah.

— Sono in pieno assetto di guerra, — borbottò l’indian-agent, aggrottando la fronte. — Come faremo a sbarazzarci da queste mignatte?

— Sono Chayennes, è vero? — chiese Harry.

— Forse non tutti, — rispose John. — Io temo che vi siano fra di loro anche degli altri Indiani.

— Degli Sioux?

— Non te lo saprei dire. Potrebbero essere invece degli Arrapahoes.

Siamo già vicini alla regione percorsa dai guerrieri di Mano Sinistra.

— Bel nome!...

— Che fa diventare neri di spavento i poveri emigranti, invece di farli impallidire.

Si dice che quel terribile brigante del Lago abbia strappato non meno di cinquanta capigliature e che il suo wigwam sia in gran parte intessuto con capelli umani.

— Se lo incontreremo ci guarderemo bene da lui, pur cercando di bucargli la caldaia che gli serve da cranio.

— Taci e sostieni il tuo mustano. Se cade, sei finito.

— Povera bestia!... Comincia a sentire la stanchezza.

— Ed il mio pure.