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SULLE FRONTIERE DEL FAR WEST 185

— Che mio fratello la conduca qui — disse Nuvola Rossa. — Dissiperò i suoi dubbi, se ne ha qualcuno.

— Allora mio fratello mi segua invece. I miei guerrieri fanno festa ai loro amici della montagna. —

Nuvola Rossa fece un gesto quasi di collera, a malapena represso, poi rispose, con una leggera punta sardonica:

— Andiamo a salutare mia moglie. —

I cinquecento guerrieri Arrapahoes, svegliatisi di soprassalto alle prime fucilate, erano accorsi furiosamente agli avamposti, pronti a respingere col loro abituale valore il nemico, ma alcuni ordini erano stati prontamente lanciati dai sottocapi, ai quali gli avamposti avevano già detto che si trattava di amici e non già di nemici da scotennare e per di più guidati da Yalla, la popolarissima ed intrepida guerriera degli Sioux.

In un batter d’occhio gli Arrapahoes si erano disposti su due immense file, accendendo delle torce d’ocote, per accogliere degnamente i loro alleati della montagna e la loro conduttrice.

Nuvola Rossa si era fermato presso la tenda, all’estremità di quel viale fiammeggiante di luci azzurrognole, niente affatto premuroso, a quanto pareva, di muovere incontro alla moglie.

Yalla si avanzava, guidando i suoi guerrieri e montando un meraviglioso cavallo tutto bianco, simile a quello che il colonnello aveva catturato nella prateria, bardato riccamente alla messicana, con alta sella a borchie d’argento e larghe staffe pure d’argento, poichè Yalla cavalcava come gli uomini.

Era una donna di trentacinque o trentasei anni, appena leggermente abbronzata, con sfumature rossastre, occhi grandi, profondi, nerissimi, animati da un fuoco intenso, capelli lunghissimi e non grossolani come quelli della maggior parte delle sue compatriote, e che portava sciolti sulle spalle.

Anche fra le donne indiane si trovano non di rado dei tipi bellissimi e Yalla poteva portare la palma fra tante. Aveva però sul suo viso qualche cosa di duro, d’imperioso, che si adattava meglio ad un guerriero anzichè ad una donna.

Del costume nazionale non aveva conservato che il diadema di piume variopinte, strette da un largo cerchio d’oro di miniera ed il ricco mantello di pelo di montone della montagna, fitto, pesante e frangiato, poichè tutto il resto era messicano.

Infatti aveva il corpo racchiuso in una camicia di seta bianca, stretta da un’altra fascia di seta rossa, portava calzoneros assai larghi all’estremità, di velluto azzurro-cupo, ed aperti ai due lati in modo da lasciar vedere i mocassini di pelle bianca adorni di alcuni ciuffi di capigliature umane.

Come i suoi guerrieri, era armata di rifle, di coltello da scotennare e di tomahawah che portava appeso alla sella.