Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/150

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corpo del marito sul sofà. Si dava ancora da fare intorno a lui. Gli aveva inondata la faccia di aceto e gli teneva una boccetta di sali sotto il naso. Era un cadavere, evidentemente. Gli occhi s’erano chiusi da sé ma il bulbo del sinistro protundeva visibilmente.

Sentendosi tanto straniero a quella donna il Maier non osò parlarle. Ricordò l’indirizzo della figlia loro e pensò di ritornare al telefono. Poi si ricredette e decise di andarla a chiamare lui stesso. Non stava lontano.

«Io penso» disse esitante alla signora Reveni «di andar ad avvisare io stesso la signora Alice che suo padre è indisposto.»

«Sí, sí!» singhiozzò la signora.

Egli uscí a passo di corsa. Non per far presto perché il Reveni non poteva oramai essere aiutato da nessuno ma per poter allontanarsi da quel cadavere.

E sulla via si ripeté la domanda: “Sta meglio lui od io?”.

Com’era pacifico steso su quel sofà! Strano! Non si vantava piú del proprio successo ingrandito dagli errori del Maier. Era rientrato nella generalità e da lí guardava inerte con quel bulbo protundente privo di gioia o di dolore. Il mondo continuava ma quell’avventura ne dimostrava l’intera nullità. La avventura toccata al Reveni toglieva ogni importanza a quella toccata a lui.