Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/295

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brontolerò su questa carta. Io non sono fatto per la lotta e quando mi fanno intendere che non capisco piú bene le cose invece che negare e cercar di provare che sono ancora capace di dirigere me stesso e la mia famiglia correrò qui a rasserenarmi.

Avrò la sorpresa di trovare me che qui descrivo molto differente da colui che descrissi anni or sono. La vita, benché non descritta, lasciò qualche segno. Mi pare che col tempo un po’ si rasserenò. Mi mancano quegli sciocchi rimorsi, quelle spaventose paure del futuro. Come potrei spaventarmene? È quel futuro quello ch’io vivo. Va via senza prepararne un altro. Perciò non è neppure un vero presente. Sta fuori del tempo. Manca un tempo ultimo nella grammatica. È vero che la storia dell’operazione di ringiovanimento mi parve tanto importante. Ma decisa in un momento di bizza io mi vi avviai poco convinto, stralunato, sempre pronto a ricredermi, sempre con l’orecchio teso per sentire se mia moglie, mia figlia o mio figlio si fossero messi all’ultimo momento a strillare per fermarmi. Nessuno fiatò probabilmente tutti desiderosi di assistere ad un’esperienza tanto strabiliante che a loro non costava nulla. Ed io m’adattai soffrendo e celandolo. M’ero compromesso dapprima con mia moglie e mia figlia cui avevo gridato il mio volere per spaventarle o per punirle, poi, al telefono anche col dottore sempre allo scopo di spaventarle e punirle meglio, e finii contro ogni mio desiderio sul tavolo d’operazione. Poi venne quella foruncolosi che mi tiene in camera da un mese.

Ma del resto la vecchiaia è il periodo calmo della vita. Tanto calmo ch’è difficile registrarlo. Da quale parte afferrarlo per descrivere quello che precorse all’operazione? Dopo è facile. L’aspettativa della giovinezza voluta dall’operazione fu una specie di giovinezza, qualche cosa ch’ebbe la facoltà di creare un periodo tant’è vero che io so descriverlo coi suoi grandi dolori e grandi speranze. Ed io vedo ora la mia vita iniziarsi con la mia fanciullezza, passare alla torbida adolescenza che un bel giorno s’acquietò nella giovinezza – qualche cosa come una disillusione – la quale poi piombò nel matri-