Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/366

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pazienza con l’uomo finché l’uomo frettoloso non ne ebbe piú con essa.

Cosí Fortunato da cocchiere dopo una lunga istruzione che mi lasciò per varii mesi senza carrozza e senz’automobile, assurse alla dignità di chauffeur. Era lento nell’intendere le cose ma quando le aveva intese non le dimenticava piú. Dapprima non si arrivava mai alla méta, mentre ora si va prestino talvolta anche troppo perché dopo ogni gita un po’ piú lunga, mi vengono imposte da tutte le parti delle multe. Fortunato asserisce che non c’è modo di accontentare le guardie per le quali pare che la multa sia un cespite di rendita. E questo può essere vero. Di Fortunato come chauffeur si può anche dire che certe panne lo sorprendono e lo indignano e non sa vincerle. Da vecchio cocchiere vorrebbe applicare la frusta. Una volta dovemmo abbandonarlo in mezzo alla campagna per fortuna non lontano dalla città e ritornare a piedi. Egli arrivò a casa a notte tarda e, a quanto mi dicono, bestemmiando. Aveva dimenticato di guardare l’indicatore della benzina e tardi, molto tardi, s’era accorto che il serbatoio era asciutto. Vero è che da allora quando la macchina s’arrestava, automaticamente il suo occhio correva all’indicatore della benzina. Tutto apprese a forza di panne ed io ne avevo le ossa rotte. «Ma noi vecchi» diceva Augusta rassegnata «non amiamo di vedere delle facce nuove.» E cosí Fortunato restò sempre a casa. Funge anche da giardiniere, senza un grande gusto, ma con un certo amore. E non ha troppo da fare. Tant’è vero che trovò il tempo di sedurre la nostra piccola amica.

La quale lo trattava già come un marito, cioè con poco amore. Amava chiamarlo quello delle panne ciò che mi faceva ridere maliziosamente dopo che Carlo m’aveva spiegato come si potesse farlo. C’era anche fra di loro qualche differenza per i lavori. Essa avrebbe voluto ch’egli fosse incaricato anche dell’ordine nel salotto perché c’erano delle piante, e quand’egli protestava essa rideva: «Non è tuo tutto quello che è mio?».

Era tanto piú lento di lei ch’era rapida e intendeva prima