Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/376

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attentamente per poterne trarre tutto il vantaggio. Un mensile fu subito stabilito e per dire il vero tanto vistoso ch’io con tristezza lo confrontai con quelli tanto piú tenui prebellici. E la cara Felicita già al 20 del mese cominciava a parlare dello stipendio che andava a scadere, ciò che turbava una buona parte del mese. Lei fu sincera, trasparente. Io lo fui meno ed essa mai seppe ch’io ero venuto a lei dopo di aver studiato dei testi di medicina.

Lo dimenticai presto anch’io. Devo dire che a quest’ora rimpiango quella casa tutta rustica meno una stanza messa con buon gusto proprio col lusso corrispondente a quello ch’io pagavo, dai colori molto serii e povera di luce in cui Felicita appariva come un fiore variopinto. C’era un fratello di Felicita che abitava nella stessa casa: Un uomo molto serio buon operaio elettrotecnico che si guadagnava una giornata abbastanza lauta. Aveva l’apparenza macilenta ma non era perciò che non s’era sposato, ma per economia come fu facile intendere. Io parlai con lui ogni qualvolta Felicita lo chiamava a rivedere le sicurezze della luce nella nostra camera. Scopersi che fratello e sorella erano consociati a farsi al piú presto possibile una certa sostanza. Felicita conduceva una vita molto seria fra l’appalto e la casa e Gastone fra l’officina e la casa. Felicita doveva guadagnare molto di piú di Gastone ma ciò non importava visto che per lei – come lo seppi piú tardi — l’ausilio di quel fratello le sembrava necessario. Era stato lui che aveva organizzato quell’affare dell’appalto che si dimostrò quale un buon impiego di denaro. Egli era tanto convinto di condurre la vita dell’uomo giusto che aveva degli accenti di disprezzo per tutti quegli operai che spendevano tutto quello che guadagnavano senza pensare al domani.

Insomma si stava abbastanza bene insieme. La stanza, cosí seria, tenuta tanto accuratamente, ricordava un po’ l’ambulanza del medico. Soltanto che Felicita era una medicina un po’ aspretta che bisognava ingoiare senza dar tempo agli organi del palato di gustarla troppo a lungo. Subito da bel principio, anzi prima di fare quel contratto e per incorarmi a farlo, aderendo a me, essa mi disse: «Ti assicuro che non mi