Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/379

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«Ella desidera?» domandò Felicita in tono gelido e guardandosi attentamente le unghie della mano in cui teneva la sigaretta.

Io non trovavo alcuna parola da dirle. Mi fu resa piú facile la parola dal fatto che, a dire la verità, io non sentii alcun risentimento per il Misceli. Il grosso uomo, vecchio come me, in apparenza molto piú vecchio perché imbarazzato dal suo grande peso, mi guatava esitante oltre agli occhiali lucenti appoggiati alla punta del naso. Io sento sempre gli altri vecchi come piú vecchi di me.

«Oh, Misceli» dissi deciso ben risoluto di non fare delle scene, «tanto tempo che non ci vediamo.» E gli porsi la mano in cui egli mise la grossa sua che lasciò molto inerte. Non fiatò ancora! Davvero si dimostrava piú vecchio di me.

A quell’ora con l’oggettività ch’è propria dell’uomo assennato, io avevo inteso perfettamente che la mia posizione era identica a quella del Misceli. Mi parve che perciò non ci fosse posto a risentimento. In fondo non era altro che un casuale scontro su un marciapiedi. Si va oltre per quanto possa dolere la parte eventualmente lesa mormorando una parola di scusa.

Per questo pensiero il gentiluomo ch’io sempre fui, si ricostituí intero in me. Mi parve fosse il mio dovere di rendere piú facile anche la posizione di Felicita. E le dissi: «Senta, signorina, a me occorrerebbe un centinaio di scatoline di sigarette sport, ma ben scelte, perché ho da fare un dono. Soffici, mi raccomando. L’appalto è un po’ lontano e mi son permesso di salire per un istante».

Felicita cessò dal guardarsi le unghie e fu molto gentile. Si alzò anche e volle accompagnarmi alla porta. A bassa voce, accento intenso di rimprovero arrivò a dirmi: «Perché non sei venuto ieri?». Eppoi, subito: «E perché sei venuto oggi?».

Mi offese. Era disgustoso di vedermi limitato a giorni fissi e per quel prezzo. Mi procurai subito il sollievo di lasciar scoppiare il mio rancore: «Son venuto qui solo per avvisarti