Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/397

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esistevano piú e l’Olivi mi diceva: «Ma lei crede di essere ancora contemporaneo di Alberto l’Orso». O suggerivo una cosa che sotto l’antico regime si poteva fare e allora l’Olivi mi raccontava che nel 1914 i serbi avevano ucciso un arciduca e che ne erano seguite tante storie che il mio consiglio non si poteva piú applicare.

Io cominciavo sinceramente ad annoiarmi in quell’ufficio. Talvolta mi prendevo delle vacanze. Per amore al buon ordine la sera prima avvisavo l’Olivi che il giorno seguente non sarei venuto in ufficio. L’Olivi mi diceva: «S’accomodi, ma s’accomodi». E rideva. Voleva significare il suo contento di vedermi meno frequentemente.

Già allora io cominciai a dover esercitare uno sforzo per recarmi all’ufficio. Vi andavo sempre nella speranza di cogliere l’Olivi in fallo. Speravo non vedesse bene qualche lettera o l’interpretasse male ed ero pronto a dimostrargli la necessità della mia presenza. Mai mi concesse tale gusto. Anzi una volta in cui io credetti di coglierlo in fallo, mi disse: «Ma lei non sa leggere una lettera?». E mi dava la prova che mi sbagliavo. Ed è vero che molti mesi dopo che una tale discussione era avvenuta m’accorsi una volta di aver avuto ragione ma che intimidito dalla sua sicurezza non ero stato capace di conservare la mia opinione.

E cosí fra le dispute in cui avevo torto e quelle in cui contro ogni giustizia il torto mi veniva addossato, io finii con l’avere in quell’ufficio non l’aspetto di chi regna ma piuttosto di un ingombro cui nessuno bada. Gl’impiegati non mi mancavano di rispetto ma neppure quando l’Olivi momentaneamente s’assentava mi domandavano istruzioni. Io fingevo di non accorgermi che in quel momento d’istruzioni ci sarebbe stato bisogno perché io sapevo che qualunque istruzione avessi data si sarebbe finito col provarmi che m’ero sbagliato. Stavo quieto quieto ben contento che nessuno mi domandasse nulla.

Ma poi un bel giorno fui aggredito. Quella bestia di mio genero (poverino, mi dispiace di dirlo cosí ora, ora ch’è morto non vorrei fargli di torto) fu incaricato dall’Olivi di trattare con me per un nuovo contratto con lui. Gli affari andavano