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UNA BELLA GIORNATA D’INVERNO


Il professore dalla mattina in poi s’era dedicato alla lettura di un’opera latina del Petrarca. A mezzodí scorgendo dalla sua villa il pallido verde dell’erba non ancora ben appassita nel mitissimo inverno lasciò le sue carte e imprese una passeggiatina. Respirando l’aria fresca pensò in faccia al sole abbagliante: Vengo dal Medio Evo ed eccomi qui in un balzo. L’aria, il sole sono veramente moderni perché nessun’arte antica seppe tramandarceli né col pennello che non sa la luce né con la parola che non sa neppure le linee. E questo sole e quest’aria morranno con me.

Il professore era stato reso moderno dalla guerra cui aveva brevemente partecipato fino ad una lieve ferita seguita da una grave malattia. Poi dal letto e anche quando l’aveva lasciato era ritornato ai suoi cari studii ma non seppe piú dimenticare il mondo nel quale viveva e che con tanta energia l’aveva richiamato a sé. Appassionatamente l’aveva vissuto. Dapprima seguí tutte le esperienze del dopo-guerra. Guardò fra un libro latino e l’altro con piena speranza alla Russia; poi sempre nell’intervallo che l’antichità gli lasciava fu tutto decisamente conservatore. Non aveva mai domandato niente né ai bolscevichi né ai fascisti ma sentiva e ricordava di aver rinnegato e abiurato piú volte in brevissimo tempo. Dio mio! Non si può mica pretendere che un uomo che viene direttamente se non dal Medio Evo almeno dal Rinascimento si ravvisi cosí presto ed occupi definitivamente un posto a questo mondo come chi vi è nato. Ma moderno rimase perché egli aveva oramai appreso quanti treni al giorno occorressero per approvvigionare una città. Anzi di piú: Con quell’istinto alla matematica dell’uomo moderno egli aveva anche calcolato quanti vagoni avessero dovuto viaggiare per nutrire lui fino all’età di trent’anni. È un calcolo presto fatto questo quando si sono pesati per un giorno solo i proprii cibi (eliminazione