Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/115

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Venne quello che avevo sperato. Essa protestò, riparlò della stima di tutti loro e mi supplicò di non essere adirato con lei. Ed io mi dimostrai magnanimo, le promisi tutto quello ch’essa volle e cioè di astenermi dal venire in quella casa per un quattro o cinque giorni, di ritornarvi poi con una certa regolarità ogni settimana due o tre volte, e sopra tutto, di non tenerle rancore.

Fatte tali promesse, volli dar segno di tenerle e mi levai per allontanarmi. La signora protestò ridendo:

— Con me non c’è poi compromissione di sorta e può rimanere.

E poichè io pregavo di lasciarmi andare per un impegno di cui solo allora m’ero ricordato, mentre era vero che non vedevo l’ora di essere solo per riflettere meglio alla straordinaria avventura che mi toccava, la signora mi pregò addirittura di rimanere dicendo che così le avrei data la prova di non essere adirato con lei. Perciò rimasi, sottoposto continuamente alla tortura di ascoltare il vuoto cicaleccio cui la signora ora s’abbandonava sulle mode femminili ch’essa non voleva seguire, sul teatro e anche sul tempo tanto secco con cui la primavera s’annunziava.

Poco dopo fui contento d’essere rimasto perchè m’avvidi che avevo bisogno di un ulteriore chiarimento. Senz’alcun riguardo interruppi la signora, di cui non sentivo più le parole, per domandarle:

— E tutti in famiglia sapranno che lei m’ha invitato a tenermi lontano da questa casa?

Parve dapprima ch’essa neppure avesse ricordato il nostro patto. Poi protestò:

— Lontano da questa casa? Ma solo per qualche giorno, intendiamoci. Io non ne dirò a nessuno, neppure