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scacciato da casa Malfenti, amavo Ada irosamente. Perchè non mi diede alcuna soddisfazione la visione chiara che la signora Malfenti m’aveva allontanato invano, perchè io in quella casa rimanevo, e vicinissimo ad Ada, cioè nel cuore di Augusta? A me pareva invece una nuova offesa l’invito della signora Malfenti di non compromettere Augusta e cioè di sposarla. Per la brutta fanciulla che m’amava, avevo tutto il disdegno che non ammettevo avesse per me la sua bella sorella, che io amavo.

Accelerai ancora il passo, ma deviai e mi diressi verso casa mia. Non avevo più bisogno di parlare con Giovanni perchè sapevo ormai chiaramente come condurmi; con un’evidenza tanto disperante che forse finalmente m’avrebbe data la pace staccandomi dal tempo troppo lento. Era anche pericoloso parlarne con quel maleducato di Giovanni. La signora Malfenti aveva parlato in modo ch’io non l’avevo intesa che là in via Cavana. Il marito era capace di comportarsi altrimenti. Forse m’avrebbe detto addirittura: «Perchè vuoi sposare Ada? Vediamo. Non faresti meglio di sposare Augusta?» Perchè egli aveva un assioma che ricordavo e che avrebbe potuto guidarlo in questo caso: «Devi sempre spiegare chiaramente l’affare al tuo avversario perchè allora appena sarai sicuro d’intenderlo meglio di lui!» E allora? Ne sarebbe conseguita un’aperta rottura. Solo allora il tempo avrebbe potuto camminare come voleva, perchè io non avrei più avuta alcuna ragione d’ingerirmene: sarei arrivato al punto fermo!

Ricordai anche un altro assioma di Giovanni e mi vi attaccai perchè mi procurava una grande speranza. Seppi restarvi attaccato per cinque giorni, per quei cinque giorni che convertirono la mia passione in malattia. Gio-