Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/154

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ta. Andai ad Augusta che mi guardava ansiosamente con un sincero sorriso incoraggiante sulla faccia e le dissi serio ed accorato.

— E’ forse l’ultima volta ch’io vengo in casa vostra perchè io, questa sera stessa, dichiarerò il mio amore ad Ada.

— Non dovete farlo, — mi disse essa supplice. — Non v’accorgete di quello che qui succede? Mi spiacerebbe se aveste a soffrirne.

Essa continuava a frapporsi fra me e Ada. Le dissi proprio per farle dispetto:

— Parlerò con Ada perchè lo debbo. M’è poi del tutto indifferente quello ch’essa risponderà.

Zoppicai di nuovo verso Guido. Giunto accanto a lui, guardandomi in uno specchio, accesi una sigaretta.

Nello specchio mi vidi molto pallido ciò che per me è una ragione per impallidire di più. Lottai per sentirmi meglio ed apparire disinvolto. Nel duplice sforzo la mia mano distratta afferrò il bicchiere di Guido. Una volta afferratolo non seppi far di meglio che vuotarlo.

Guido si mise a ridere:

— Così saprete tutti i miei pensieri perchè poco fa ho bevuto anch’io da quel bicchiere.

Il sapore del limone m’è sempre sgradito. Quello dovette apparirmi velenoso addirittura perchè, prima di tutto, per aver bevuto dal suo bicchiere a me parve d’aver subito un contatto odioso con Guido eppoi perchè fui colpito nello stesso tempo dall’espressione d’impazienza iraconda che si stampò sulla faccia di Ada. Chiamò subito la cameriera per ordinarle un altro bicchiere di limonata e insistette nel suo ordine ad onta che Guido dichiarasse di non aver più sete.