Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/170

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La mia futura suocera mi porse anch’essa la guancia che sfiorai. A quel bacio non sarei sfuggito neppure se avessi sposato Ada.

— Vede ch’io avevo indovinato tutto, — mi disse con una disinvoltura incredibile e che non fu punita perchè io non seppi nè volli protestare.

Essa poi abbracciò Augusta e la grandezza del suo affetto si rivelò in un singhiozzo che le sfuggì interrompendo le sue manifestazioni di gioia. Io non potevo soffrire la signora Malfenti, ma devo dire che quel singhiozzo colorì, almeno per tutta quella sera, di una luce simpatica e importante il mio fidanzamento.

Alberta, raggiante, mi strinse la mano:

— Io voglio essere per voi una buona sorella. — E Ada:

— Bravo, Zeno! — Poi, a bassa voce: — Sappiatelo: Giammai un uomo che creda di aver fatta una cosa con precipitazione, ha agito più saviamente di voi.

Guido mi diede una grande sorpresa:

— Da questa mattina avevo capito che volevate una o l’altra delle signorine Malfenti, ma non arrivavo a sapere quale.

Non dovevano dunque essere molto intimi se Ada non gli aveva parlato della mia corte! Che avessi davvero agito precipitosamente?

Poco dopo però, Ada mi disse ancora:

— Vorrei che mi voleste bene come un fratello. Il resto sia dimenticato; io non dirò mai nulla a Guido.

Era del resto bello di aver provocata tanta gioia in una famiglia. Non potevo goderne molto, solo perchè ero molto stanco. Ero anche assonnato. Ciò provava