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a bassa voce che non doveva crederlo perchè Guido non amava le donne. Così m’era sembrato di scusarmi di essermi ingerito nei discorsi dei due amanti. Era invece una malvagia indiscrezione quella di riferire ad Augusta i discorsi sulle donne cui Guido s’abbandonava in mia compagnia, ma giammai in presenza di alcun altro della famiglia delle nostre spose. Il ricordo di quelle mie parole m’amareggiò per varii giorni, mentre posso dire che il ricordo di aver voluto uccidere Guido non m’aveva turbato neppure per un’ora. Ma uccidere e sia pure a tradimento, è cosa più virile che danneggiare un amico riferendo una sua confidenza.

Già allora, Augusta aveva torto di essere gelosa di Ada. Non era per vedere Ada ch’io a quel modo torcevo il mio collo. Guido, con la sua loquacità, m’aiutava a trascorrere quel lungo tempo. Io gli volevo già bene e passavo una parte delle mie giornate con lui. Ero legato a lui anche dalla gratitudine che gli portavo per la considerazione in cui egli mi teneva e che comunicava agli altri. Persino Ada stava ora a sentirmi attentamente quando parlavo.

Ogni sera aspettavo con una certa impazienza il suono del gong che ci chiamava a cena, e di quelle cene ricordo principalmente la mia perenne indigestione. Mangiavo troppo per un bisogno di tenermi attivo. A cena abbondavo di parole affettuose per Augusta; proprio quanto la mia bocca piena me lo permetteva, e i genitori suoi potevano aver solo la brutta impressione che il grande mio affetto fosse diminuito dalla mia bestiale voracità. Si sorpresero che al mio ritorno dal viaggio di nozze non avessi riportato con me tanto appetito. Sparì quando non si esigette più da me di dimostrare