Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/229

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Ma intanto io m’ero calmato in modo da venir ripreso da tutte le mie esitazioni. Ero avviato a tradire Augusta, ma pensavo che come nei giorni precedenti avevo potuto contentarmi di giungere fino al Giardino Pubblico, tanto più facilmente ora avrei potuto fermarmi a quella porta, consegnare quel libro compromettente e andarmene pienamente soddisfatto. Fu un breve istante pieno di buoni propositi. Ricordai persino un consiglio strano che m’era stato dato per liberarmi dall’abitudine del fumo e che poteva valere in quell’occasione: talvolta, per contentarsi, bastava accendere il cerino e gettare poi via sigaretta e cerino.

Mi sarebbe stato anche facile di far così, perchè Carla stessa, quando mi riconobbe, arrossì e accennò a fuggire vergognandosi — come seppi poi — di farsi trovare vestita di un povero consunto vestitino di casa.

Una volta riconosciuto, sentii il bisogno di scusarmi:

— Le ho portato questo libro ch’io credo la interesserà. Se vuole, posso lasciarglielo e andarmene subito.

Il suono delle parole — o così mi parve — era abbastanza brusco, ma non il significato, perchè in complesso la lasciavo arbitra di decidere lei se avessi dovuto andarmene o restare e tradire Augusta.

Essa subito decise, perchè afferrò la mia mano per trattenermi più sicuramente e mi fece entrare. L’emozione m’oscurò la vista e ritengo sia stata provocata non tanto dal dolce contatto di quella mano, ma da quella familiarità che mi parve decidesse del mio e del destino di Augusta. Perciò credo di essere entrato con qualche riluttanza e, quando rievoco la storia del mio primo tradimento, ho il sentimento di averlo compiuto perchè trascinatovi.