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derti. — Mario protestò in italiano che quello che il Gaia aveva stabilito era impegnativo per lui. Lo disse scandendo le sillabe, e il tedesco asserì di aver capito e di accontentarsi.
Il Gaia offerse il caffè, e subito il rappresentante di Westermann trasse dalla tasca di petto delle carte di formato grande, il contratto già pronto in duplice copia. Lo stese sul tavolo e vi si chinò con tutto il petto. Mario pensò: — Che soffra anche di lombaggine?
Aveva fretta il Gaia. Strappò le carte all’altro e si mise a tradurre a Mario il contratto. Trascurò molte clausole che erano adottate per tutti i suoi contratti dalla grande ditta editrice, e parlò di tutti i vantaggi ch’egli con quel contratto aveva procurato a Mario. Egli diceva proprio le parole che avrebbe impiegate se non si fosse trattato di un affare per burla: — Capirai che mi sono meritata la mia provvigione. Ho passata tutta la notte a discutere con costui. — E si permise di schizzare un po’ di quel veleno di cui era pieno: — Tu, se io non t’aiutavo, non avresti saputo far nulla.
In forza di quel contratto il Westermann avrebbe pagato a Mario duecentomila corone,