Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/118

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Dinanzi alla madre gli fu anche facile di accogliere Angiolina con la faccia dell’amante soddisfatto. Provava una vera soddisfazione. L’aveva finalmente afferrata, ed ora non voleva cedere al suo impeto solito di chiarire e semplificar subito le cose. Era lei che doveva parlare. L’avrebbe lasciata sciorinare le sue bugie per poterla cogliere proprio in flagrante.

Rimasti soli, ella si mise dinanzi allo specchio a comporsi i ricci e, senza guardarlo, gli raccontò della serata passata in caffè e dello spionaggio del Balli. Ne rideva allegramente ed era così rosea e fresca ch’Emilio se ne indignò più che per le bugie.

Gli raccontò che l’improvviso ritorno del Volpini le aveva fatto un grande dispetto. La frase con cui l’aveva salutato rivedendolo, sarebbe stata formulata così: — Non sei dunque ancora stanco di seccarmi?

Ella parlava così per fargli molto piacere. Invece egli sentiva che fra lui e il Volpini era lui il più deriso. Per ingannare lui doveva esserci stato maggior sforzo: furberie e inganni ch’egli probabilmente solo in parte aveva scoperti. L’altro s’era lasciato ingannare bonariamente, e c’era voluto poco a truffarlo. Se i fasti di Angiolina, come pareva, servivano a divertire anche la madre, era molto probabile che lui fosse l’oggetto di risa, mentre il Volpini tuttavia doveva essere temuto.

Lo prese una di quelle violenti crisi che lo facevano sbiancare e tremare. Ma ella parlava, par-