Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/147

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permettere che il Balli prendesse tanto alla leggera quell’argomento che a lui bruciava le labbra.

Stefano non seppe più quale contegno tenere. Non doveva essergli accaduto molto spesso nella sua vita di venir accusato a torto. Si sentiva innocente come un neonato. Il rispetto ch’egli portava e aveva sempre dimostrato alla famiglia Brentani, e la bruttezza di Amalia, avrebbero dovuto salvarlo da ogni sospetto. Conosceva molto bene Emilio e non lo credeva capace d’indispettirsi per qualche parola dettagli da una vecchia parente; ma aveva sentito nella voce di Emilio una violenza e forse di più, dell’odio, un tono che lo aveva fatto trasalire. Corse subito col pensiero alla verità. Ricordò come da tanto tempo tutti i pensieri, anzi tutta la vita di Emilio si fosse concentrata intorno ad Angiolina. Che quella violenza e quell’odio nella voce di Emilio fossero da attribuirsi alla sua gelosia per Angiolina per quanto egli non parlasse che di Amalia? — Non credevo che alla nostra età, la mia cioè e quella della signorina, si potesse essere creduti capaci di commettere delle sciocchezze. — Parlava con imbarazzo. L’argomento scottava anche a lui.

— Che vuoi? È il mondo...

Ma il Balli, che a quel mondo non credeva, gridò irosamente: — Lascia stare; ho già capito di che si tratti. Parliamo d’altro.

Tacquero per un pezzo. Emilio esitava a parlare, proprio per paura di compromettersi. Che cosa aveva già capito il Balli? Il segreto suo, cioè il suo risen-