Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/159

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— I singhiozzi le impedivano di pronunziare delle frasi più lunghe. Emilio corse ad abbracciarla ma la compassione le fece male. Ella si alzò violentemente, si svincolò e corse nella sua stanza a calmarsi. I singhiozzi erano divenuti gridi. Poco dopo cessarono del tutto, ed ella ritornò e potè parlare interrotta solo da qualche sussulto represso. S’era fermata alla porta: — Non so neppure io stessa perchè pianga così. Un’inezia qualunque mi getta in tale orgasmo. È certo che sono malata. Io non ho fatto nulla che potesse dare a quel signore il diritto di contenersi così. Tu ne sei convinto, nevvero? Ebbene, mi basta! E del resto che cosa potevo dire o fare? — Andò a sedere e si rimise a piangere più dolcemente.

Era evidente che Emilio doveva prima di tutto scolpare l’amico e lo fece, ma non era possibile di riuscirvi. L’opposizione non fece altro che agitare di più Amalia.

— Ch’egli venga! — ella gridò. — Se lo desidera non mi vedrà neppure, non mi lascerò vedere da lui.

Ad Emilio parve d’aver trovata una buona idea:

— Sai la ragione del mutamento nel contegno del Balli? Dinanzi a me gli fu chiesto se stesse per fidanzarsi con te.

Ella lo guardava indagando se potesse fidarsi di lui; non comprendeva neppur bene, e per analizzare più facilmente quelle parole, le ripetè: — Altri gli ha detto ch’egli stia per fidanzarsi con me? — Rise forte, ma con la sola voce. Egli aveva dunque paura