Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/162

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qui di faccia per un posto da governante o da serva. — C’era tanta freddezza nelle sue parole da far credere nella serietà della sua intenzione.

— Ho forse detto di non voler fare quello che tu desideri? disse Emilio spaventato. — Domani parlerò col Balli, e se domani stesso non viene da noi, io saprò allentare i miei rapporti con lui.

Quell’allentare suonò male ad Amalia. — Allentare? Farai quello che vorrai. — S’alzò e, senza salutarlo, andò nella sua stanza ove ancora ardeva la candela ch’ella ci aveva portata la prima volta che vi si era rifugiata.

Emilio pensò ch’ella continuava a dimostrarsi risentita perchè le era più facile di padroneggiarsi: il momento stesso in cui si fosse mitigata fino a dire una parola di ringraziamento od anche soltanto di consenso, sarebbe stata vinta di nuovo dalla commozione. Volle seguirla, ma capì ch’ella stava svestendosi e, dal di fuori, le augurò la buona notte. Ella rispose a mezza voce e con una dura indifferenza.

Del resto Amalia aveva ragione. Il Balli doveva almeno qualche volta venire in casa sua. Quella cessazione improvvisa delle visite era offensiva e si capiva che per poter guarire Amalia fosse necessario prima di tutto di toglier l’offesa. Uscì nella speranza di trovare il Balli.

Fuori, alla porta stessa di casa, trovò la più potente delle distrazioni. Per un caso strano s’imbattè faccia a faccia con Angiolina. Come dimenticò su-