Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/199

Da Wikisource.

— 195 —

Egli sperava ancora sempre che il possesso così pieno avrebbe finito col togliere violenza al suo sentimento. Invece egli andava ai ritrovi sempre con la medesima violenza di desiderio e nella sua mente non s’acquietava la tendenza a ricostruire l’Ange che veniva distrutto ogni giorno. Il malcontento lo spingeva a rifugiarsi nei sogni più dolci. Angiolina quindi gli dava tutto: il possesso della sua carne e — essendone essa l’origine — anche il sogno del poeta.

Tanto di frequente la sognò infermiera che tentò di continuare il sogno anche accanto a lei. Stringendosela fra le braccia col violento desiderio del sognatore, le disse: — Vorrei ammalarmi per essere curato da te. — Oh, sarebbe bellissimo! — disse ella che in certe ore si sarebbe prestata a tutti i suoi desideri. Naturalmente bastò quella frase per annullare qualunque sogno.

Una sera, trovandosi con Angiolina, egli ebbe un’idea che per quella sera alleviò potentemente il suo stato d’animo. Fu un sogno ch’egli ebbe e sviluppò accanto ad Angiolina e ad onta di questa vicinanza. Essi erano tanto infelici causa il turpe stato sociale vigente. Egli ne era tanto convinto che potè pensare di essere persino capace di un’azione eroica pel trionfo del socialismo. Tutta la loro sventura era originata dalla loro povertà. Il suo discorso presupponeva ch’ella si vendesse e ch’era spinta a farlo dalla povertà della sua famiglia. Ma essa non se ne accorse e le sue parole le sembravano una carezza