Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/233

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sulla sua spalla. Si toccò il petto, come se in quell’istante si fosse accorta dell’affanno che la tormentava. Poi ridimenticò Emilio e l’affanno: — Oh, sempre bestie! — e la voce alterata pareva annunziasse prossimo il pianto. Stropicciò con ambe le mani le gambe; con brusco movimento si chinò come se avesse voluto sorprendere un animale pronto a fuggire. Si trovò nella destra un dito del proprio piede; lo coperse con la mano che poi sollevò chiusa come se avesse afferrato qualche cosa. Era vuota però ed ella la guardò più volte; poi ritornò al piede pronta a curvarsi di nuovo per ritornare a quella strana caccia.

Un nuovo brivido di freddo che la colse ricordò ad Emilio ch’egli doveva indurla a ripararsi nel letto. Vi si accinse con un fremito doloroso al pensiero di dover forse usare la forza. Gli riuscì invece facilissimo perchè ella obbedì alla prima pressione imperiosa della sua mano; portò senza pudore una gamba dopo l’altra sul letto e si lasciò ricoprire. Ma per un’inesplicabile esitazione si puntellò con un braccio sul letto quasi non volesse adagiarvisi tutta. Ben presto non potè resistere in quella posizione e s’abbandonò sul guanciale emettendo per la prima volta un suono intelligente di dolore: — Oh! Dio mio! Dio mio!

— Ma che cosa ti è accaduto? — domandò Emilio, che, per quel solo suono assennato, credette di poterle parlare come a persona che disponga dei suoi sensi.

Ella non rispose, di nuovo occupata ad indagare quello che la inquietava anche sotto alle coltri. Si