Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/240

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quell’emozione tanto acuta? Certo è ch’egli stesso poi s’accorse di compiacersi d’aver dato al proprio dolore un’espressione violenta; per sè stesso e pel Balli. Tutto si mitigava e addolciva nel pianto; egli si sentiva sollevato e migliorato. Avrebbe dedicato il resto della vita ad Amalia. Anche se — come egli credeva — ella fosse stata pazza, l’avrebbe tenuta presso di sè non più come sorella ma come figlia. E in quel pianto si compiacque tanto da dimenticare quale urgenza ci fosse di chiamare un medico. Era proprio là il suo posto, era là ch’egli doveva agire a vantaggio di Amalia. Nell’eccitazione in cui si trovava, qualunque impresa gli parve facile e, colla sola manifestazione del proprio dolore, pensò che avrebbe fatto dimenticare tutto il passato anche al Balli. Gli avrebbe finalmente fatto conoscere Amalia, mite, buona e sventurata com’era.

Raccontò in tutti i particolari la scena di poco prima: il delirio, l’affanno di Amalia e il lungo tempo in cui egli, trovandosi solo, non s’era potuto allontanare da quella stanza fino all’intervento provvidenziale della signora Chierici.

Il Balli prese l’aspetto di persona sorpresa da una mala nuova — non certo l’aspetto sperato da Emilio — e con l’energia che in quello stato d’animo doveva essergli facile, consigliò di correre a chiamare il dottor Carini. Gli era stato descritto quale un buon medico; per di più era suo intimo ed egli l’avrebbe saputo interessare alla sorte di Amalia.

Emilio piangeva e non accennava a muoversi dal